- Ciao Alessandro, iniziamo l’intervista partendo dai tuoi inizi. Come è nata l'idea di diventare un giornalista? Quando hai capito concretamente che la strada giusta era quella?
Non credo ci sia un momento preciso in cui capisci cosa andrai a fare. Più che un'idea penso sia importante la formazione che una persona fa, poi da li riesci a capire quale strada prendere. Personalmente ho capito abbastanza velocemente che avrei fatto il giornalista, essendo sempre stato affascinato da questo mestiere. Quando ho cominciato a lavorare in una televisione locale, ho capito che quel particolare tipo di giornalismo mi poteva riuscire in modo agevole. In ogni caso, avrei potuto cominciare il mio percorso in altri modi, ma spesso le cose capitano anche un po' per caso e bisogna essere pronti a sfruttare le possibilità che ti vengono date.
- Sei laureato in Scienze politiche: com'è il tuo rapporto con la politica? La segui? Ti interessi?
Sinceramente non ho particolare interesse. Avevo attrazione verso la storia della politica quando studiavo, ma attualmente sono piuttosto deluso da quest'ultima, quindi ho deciso di non seguirla.
-Sei a Sky dal 2003 e hai avuto modo di assistere all'evoluzione di questo emittente: Cosa vuol dire far parte di questo mondo?
Far parte di questo mondo significa avere la possibilità di crescere, senza grandi pressioni, in mezzo ad un' enorme professionalità.
Crescere vuol dire anche sperimentare: questa è la cosa importante. Negli ultimi anni siamo riusciti a proporre argomenti interessanti, senza preoccuparci troppo degli ascolti. Per me Sky ha rappresentato un luogo in cui cercare modi alternativi ed intelligenti per fare televisione.
- Durante la tua carriera ai avuto dei modelli da seguire o personaggi a cui ti sei ispirato?
No, non ho mai avuto modelli a cui ispirarmi. Ci sono comunque molte persone con cui lavoro che stimo e mi confronto.
- Qual'è stata la tua maggior soddisfazione sotto il punto di vista professionale?
Probabilmente quella di aver introdotto, in modo del tutto originale, il calciomercato in televisione. Posso dire di aver contribuito dall'inizio a creare il il fenomeno televisivo che è diventato oggi.
- Oltre al calcio ti interessi alla musica ed alla lettura. Pensi possa concretizzarsi in futuro l'idea di condurre un programma su questi argomenti?
Affinchè questa idea si concretizzi, è necessario che qualcuno mi dia la possibilità di realizzarla. Se qualcuno dovesse propormi un progetto simile, io sarei felice di potermi sperimentare. Personalmente, più cose faccio, più mi diverto. In questo caso spaziare dai libri alla musica sarebbe un qualcosa che mi interesserebbe molto. Tutto questo lo farei senza escludere lo sport, sopratutto il calcio, che considero un veicolo straordinario di storia e passione, un mondo in cui trovo la realizzazione del mio modo di essere.
- Abbiamo parlato di libri. I dati a nostra disposizione sottolineano come solo il 30% dei ragazzi leggono almeno un libro all'anno. Secondo te come è possibile avvicinare i giovani alla lettura?
Penso che non sia semplice. Fino a quando non matura una seria coscienza legata alla lettura, ritengo molto difficile il suo sviluppo anche nel mondo giovanile. Resta fondamentale l'ambito famigliare in cui uno cresce: se i genitori danno un'impostazione a favore della lettura tutto diventa più semplice. La lettura apre un mondo che garantire la possibilità di esprimere la propria creatività. Nulla è più formativo della lettura di un libro. Allo stesso modo gli insegnanti, e la scuola in generale, dovrebbe avvicinare i ragazzi alla lettura senza forzature.
-Segui qualche squadra in particolare? Hai delle simpatie?
Essendo nato a Pistoia, tra l'altro negli anni in cui la Pistoiese giocò in Serie B, e successivamente anche in Serie A, sono rimasto legato a questo club. A volte sono andato anche nella vicina Firenze per seguire la Fiorentina.
-Cosa ne pensi riguardo i nuovi mezzi di informazione (Internet, Social etc.) ?
L'intento dei Social lo trovo molto positivo. Il fatto che ci sia un confronto globale con le persone è importante, anche se a volte purtroppo ci si imbatte in violenze verbali. Ognuno di noi dovrebbe trovare una forma di filtraggio e capire che sui social è possibile comunicare fino ad un certo punto, visto che non sempre è possibile avere confronti civili. I social in sè, intesi come pubblicazione globale, non li condanno, anzi, sotto certi aspetti mi attraggono. E' una forma comunicativa che garantisce tempestività nei tempi. I giornalisti dovrebbero usarli maggiormente per condividere contenuti validi e verificati, a discapito delle informazioni false.
-Quale consiglio ti senti di dare ai giovani che vogliono entrare nel mondo del giornalismo?
Io penso che studiare sia sempre molto importante. Una volta, quando ti laureavi potevi già cominciare a fare pratica, oggi invece avviene tutto più rapidamente. E' importante quindi cominciare parallelamente agli studi in modo da anticipare i tempi, sfruttando magari i nuovi modelli comunicativi. Prima ci si mette in campo, più possibilità ci sono per ottenere risultati.
Samuele Nava © 2024