Il mio Pasolini II

Il mio Pasolini è cronista sportivo.

Pier Paolo amava il calcio alla follia. Un amore grande, insolito e chiacchierato. Il mondo del pallone era da lui considerato “un sistema di segni, quindi un linguaggio”.

Ma prima di entrare nel vivo del pensiero pasoliniano voglio porti un quesito.

Hai mai pensato ai motivi per cui il calcio riesce a coinvolgere ed ammaliare milioni di persone da così tanto tempo? Più volte mi sono posto questa domanda, e alla fine sono giunto a due soluzioni distinte.

In primo luogo è utile considerare l’aspetto storico. Il calcio infatti, insieme al ciclismo, è stato uno dei primi sport di massa della storia, entrambi nati nella seconda metà dell’800. Ma il primo rispetto al secondo aveva il vantaggio di essere più visibile, e soprattutto più praticabile. Qualsiasi cosa assomigliasse ad una sfera era il pretesto per organizzare match all’ultimo sangue in qualsiasi luogo. Dalle strade ai campetti, persino a casa. Rispetto agli altri sport, il calcio è stato più di tutti interclassista e accessibile ai più. Mentre il tennis era riservato alle èlite, con basket e baseball circoscritti negli States, il gioco del pallone per lungo tempo ha permesso all’operaio di sedere al fianco dell’imprenditore in numerosi settori dello stadio.  

Ma il vero segreto del calcio, motivo per cui vanta tutt’oggi un seguito così importante, sta nell’essenza del gioco.

Non c’è niente da fare, il calcio emoziona più di qualsiasi altro sport.

In una partita di basket sai che in meno di un minuto ci sarà sicuramente un canestro. Così come in una gara di 100 m sai dopo qualche secondo chi taglierà il traguardo. 

Nel calcio no. Regna l’imprevedibilità e l’adrenalina di ogni tifoso è una bomba ad orologeria: si prepara ad esplodere quando meno te lo aspetti. E’ lo sport dell’attimo, quello che può cambiare tutto e renderti la serata gratificante oppure terribilmente amara.

Pasolini questo lo aveva capito benissimo, per questo disse che “il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo”. Una frase forte, in cui per la prima volta il concetto di sacro viene accostato a uno sport.

Devi sapere che quando Pasolini parla di sacro non intende rifarsi al significato puramente teologico del termine, bensì allude a qualcosa di indissolubile, non modificabile. Qualcosa di meravigliosamente puro, separato dal contesto, che non necessita di cambiamenti per esprimere al meglio la sua identità. Un’autenticità che è dettata anche dall’imperfezione, che ci permette di distinguere e apprezzare ancor di più tutto ciò che ci circonda.

Ho voluto farti questa considerazione per aiutarti ad analizzare come con il tempo si sia sviluppata una tendenza, quasi una moda, a voler desacralizzare qualsiasi forma che possa definirsi pura. Una tendenza ad eliminare l’imperfezione.

L’evoluzione tecnologica si è diffusa in tutti i campi, come un virus da cui è impossibile sfuggire. E questo virus ha infettato anche il mondo del pallone, che ha perso dunque quella sacralità di cui parlava Pasolini. Ha perso quell’imprevedibilità che emoziona. 

L’esempio più lampante a conferma di ciò è dettato dall’introduzione del VAR nel calcio, lo strumento che non lascia spazio all'imperfezione. Ora, questo tema necessiterebbe un’analisi a parte, ben approfondita.

Però fermati un secondo e pensa. Credi veramente che sia sinonimo di giusto pensare di stroncare l’imprevedibilità, annullare l’errore, eliminare l’imperfezione, dunque snaturare il gioco?  

Non lo so. Essendo una questione ancora aperta, troppo attuale per avanzare tesi assolute, ogni opinione è lecita e rispettabile. L’unica cosa che posso dirti è che mentre scrivo queste righe sto pensando a quando compravo i biglietti al botteghino, fuori dallo stadio. Sto pensando alle partite tutte di domenica pomeriggio alle 15.00, alla radio. Sto pensando al tifo come motivo di sfogo, perché nessuno sfottò deve essere censurato. Ma sto anche pensando ai rituali, ai miti, ai simboli che non ci sono più. Agli idoli che indossavano una maglia sola, che erano patrimonio di tutti. Sto pensando che cambiare forse non conviene, perché quando vai a toccare le emozioni, quando giochi con la passione della gente per inseguire fini economici, allora stai sbagliando tutto. 

Non si torna più indietro, è angosciante, lo so.  

E’ questo è il mio Pasolini. Quello che parte dallo sport per gridare che le cose pure, anche se imperfette, vanno salvaguardate.


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