Matthias Sindelar

Matthias Sindelar è nato nel 1903 in Moravia, a Kozlov, che oggi appartiene geograficamente alla Repubblica Ceca, ma che ai tempi faceva parte dell’Impero austro-ungarico.
Ha solo 3 anni quando la sua famiglia, per motivi economici, si trasferisce a Vienna in cerca di maggior fortuna. Sarà una scelta decisiva, nonostante Matthias viva un’infanzia dettata da numerosi sacrifici: nel 1917 infatti il padre muore sul fronte italiano. Si sta consumando la Grande Guerra e Matthias si ritrova ad essere l’uomo di casa a soli 14 anni, al fianco della madre e delle tre sorelle.

Matthias ama il calcio e il fatto di vivere in una grande città gli permette di inseguire il sogno che tutti i bambini vorrebbero realizzare: diventare un calciatore professionista. Ha un fisico gracile, il suo soprannome è “Cartavelina”, ma nonostante ciò riesce a padroneggiare il pallone come pochi. Sarà perché ha giocato per lungo tempo in strada, a piedi nudi, per non consumare l’unico paio di scarpe in suo possesso. Sta di fatto che il suo talento comincia ad essere noto, tanto che già nel 1918 milita nelle giovanili dell’Hertha Vienna, prima di essere acquistato dall’Austria Vienna sei anni più tardi. Qui colleziona 155 gol in 265 partite disputate, vince cinque Coppe nazionali, due Coppe Europee e un Campionato austriaco, candidandosi come uno dei migliori calciatore austriaci della storia.

In quegli anni ricchi di successi molti Paesi, compresa l’Austria, non stanno attraversando un buon momento.I regimi totalitari negli anni ’30 prendono piede. L’ideologia si unisce al terrore e in tutta Europa si rafforzano partiti unici guidati da capi carismatici. Non era bastata la Grande Guerra, adesso è nata una società tecnocratica in cui l’aristocrazia è formata da professionisti di ogni genere che, rispetto al passato, non sono più tentati dal lusso, ma affamati di puro potere.

Il 1938 è un anno fondamentale per l’Austria di Matthias, ma più in generale per le sorti dell’intera Europa. Il programma del Fuhrer tedesco Adolf Hitler si stava compiendo: mirava a portare la Germania fuori dalla crisi e a trasformarla in una grande potenza nazista attraverso la rottura del trattato di Versailles, documento che prevedeva una serie di limitazioni per evitare che la Germania scatenasse una nuova guerra. Nella notte tra l’11 e il 12 marzo del 1938 avviene l’Anschluss: l’Austria viene annessa alla Germania, cambia nome e diventa l’ Ostmark, una delle tante provincie orientale del Terzo Reich. E’ iniziata l’aggressiva campagna espansionistica tedesca, che pochi mesi più tardi porterà allo scoppio del secondo conflitto mondiale. Per celebrare questo fatto, il 3 aprile dello stesso anno, i gerarchi nazisti organizzano un’amichevole al Prater di Vienna tra Austria e Germania, per quella che passerà alla storia come “La partita della riunificazione”.

E’ ancora una volta lo sport il protagonista della storia, il mezzo attraverso il quale i tedeschi vogliono dimostrare al mondo la loro superiorità. Una passerella d’onore.

Matthias è chiaramente scosso da tutto quello che sta accadendo. In quel periodo era l’astro della Nazionale Austriaca, il fortissimo Wunderteam, la squadra delle meraviglie. Il suo soprannome da “Cartavelina” era passato a “Mozart del Calcio”. Adesso è troppo difficile accettare che il suo Paese da lì a poco non sarebbe più esistito, e di conseguenza nemmeno quella straordinaria formazione. Matthias vuole giocare quella partita perché vuole vincere. Chiede e ottiene che la squadra indossi la divisa con i colori della bandiera austriaca: maglia rossa e calzoncini bianchi. Non importa se qualcuno gli consiglia che forse è meglio non giocare sul serio, evitando che possano crearsi situazioni spiacevoli. Entra in campo e fa letteralmente ammattire la difesa tedesca. E’ fortissimo nel dribbling e poi gioca in una posizione insolita per l’epoca. Prende palla sulla linea dei centrocampisti e avanza verso l’area per finalizzare. Un primo esempio di “falso nueve” o “finto nove” per dirlo all’italiana.

E’ il minuto 62’, è il momento di Matthias: riceve palla al limite dell’area e calcia con tutta la forza che ha in corpo. L’Austria è clamorosamente in vantaggio. 1-0. Dagli spalti, rigorosamente coperti da svastiche, qualcuno inizia a preoccuparsi, probabilmente non ha tutti i torti. Circa nove minuti dopo infatti l’Austria raddoppia e chiude la partita. 2-0, ha segnato il difensore Karl Sesta.
La partita è finita e incredibilmente ha vinto l’Austria. Matthias ora è incontenibile, corre verso lo spicchio di tribuna occupato dai gerarchi nazisti e improvvisa un balletto per manifestare tutta la sua felicità. Non solo. Al termine del match tutti i calciatori, austriaci compresi, avrebbero dovuto salutare le alte cariche tedesche con il braccio destro teso, dimostrando fedeltà al regime. Qui arrivano il primo “No” di Matthias, l’unico, insieme al compagno Karl Sesta ,che si rifiuta di
fare quel gesto. Rimane immobile. Il secondo “No” arriverà qualche mese più tardi, quando il commissario tecnico della Germania gli propone di giocare per la Nazionale tedesca ai Mondiali francesi del 1938. Matthias, senza alcun timore e con una scusa, si rifiuta.

Il 1939 dunque è l’anno del suo ritiro, ma anche quello della sua morte. Cinquanta giorni dopo quella partita viene ritrovato senza vita nel suo appartamento. Al suo fianco c’è sua moglie. L’aveva conosciuta nel 1934. Quell’anno Matthias, durante la semifinale mondiale, giocata a S.Siro contro l’Italia, si era infortunato. In Ospedale a Milano aveva incontrato una ragazza italiana di origine ebrea, che gli fece da traduttrice. Si chiamava Camilla Castagnola, era nato un grande amore.

Ora i due son sdraiati sul letto della loro camera. Immobili. Come quando Matthias si rifiutò di fare il saluto nazista. La loro morte resta avvolta nel mistero. Il caso viene chiuso in tempi rapidissimi come “avvelenamento da monossido di carbonio” dovuto ad una fuga di gas. Ma i dubbi su quella morte aleggiano ancora nel cielo viennese.

Insomma, la fine di “Cartavelina”. Un soprannome che a posteriori risulta chiaramente ossimorico. Matthias aveva smentito tutti, dimostrando al mondo di essere più duro del ferro.