-Flavio, come sono stati i tuoi inizi prima di affermarti come telecronista?
Per tutta una serie di coincidenze mi sono ritrovato a fare le radiocronache delle partite dell’Olimpia come supplente del titolare che era partito per un viaggio in America. Quando è tornato, ha ritenuto opportuno che continuassimo a lavorare entrambi, poi ho avuto anche diverse collaborazioni.
-Cosa vuol dire far parte del mondo Sky? Che rapporto hai con il tuo lavoro?
Io sono a Sky dalla sua nascita, nel 2003. Il rapporto non è stato sempre in esclusiva come ad oggi, ma negli anni non si è mai interrotto. Far parte di questo mondo significa fare un lavoro che, aldilà degli stereotipi, ha la stessa dignità e la stessa importanza di qualsiasi altra professione, come descritto dall’articolo 1 della Costituzione. Detto questo, parlando del mio rapporto con il lavoro, oggi ho un piacere intellettuale maggiore rispetto a 30 anni fa, nonostante l’aspetto emotivo di allora fosse naturalmente molto più forte.
-Qual è stata la tua maggior soddisfazione sotto il punto di vista professionale ?
Ce ne sono state tantissime. La più grande soddisfazione è credere di aver capito che non giocano più le partite perché io possa fare la telecronaca, ma che fare la telecronaca può dare un contributo per un miglior modo di vivere lo sport. Il passaggio da quando, agli inizi della mia carriera, ero entusiasta con me stesso perché dovevo fare una telecronaca, al cercare di capire una partita il più profondamente possibile, grazie ad un esercizio intellettuale, è stato fondamentale e molto gradito.
-Hai mai avuto modelli o personaggi a cui ti sei ispirato professionalmente?
Se per ispirarsi si intende voler essere come qualcuno, rispondo nessuno, perché non è capitato. Ho avuto la fortuna di lavorare, come anticipavo prima, con Federico Buffa. In questo caso non credo si possa parlare di ispirazione, in quanto la mia stima nei suoi confronti è stata manifestata sul posto, a stretto contatto. Aver avuto l’incomparabile privilegio di aver mosso i primi passi al suo fianco è qualcosa di irripetibile. Ovviamente ci sono state anche altre influenze, da Aldo Giordani a Dan Peterson, ossia coloro che hanno rotto gli schemi all’interno di questo mondo.
-Sei impegnato attivamente per quanto riguarda il tema mafia. E’ vero che questa decisione deriva dalla vergogna di non conoscere Falcone il 23 Maggio 1992?
Mi vergogno a posteriori del comportamento tenuto il 23 maggio 1992. Considerare questo mondo lontana dalla nostra realtà è un errore oggettivo. Impegnarsi davvero conta. Le persone possono non essere in prima linea, quindi magistrati, poliziotti o operatori di contrasto, però, citando lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino, <<Ci sono maestri elementari che possono sconfiggere la mafia più di chiunque altro>>. Bisogna agire contando su un progresso generale della società, senza speranze tangibili, nella convinzione che sia giusto farlo.
-Come ti trovi nel nuovo programma “Sky Sport Room”? Non credi sia un peccato trasmetterlo alle ore 23 del sabato?
In questo programma mi trovo bene, come in qualsiasi cosa che faccio. Per me conta il tipo di attività, indipendentemente dall’orario o dal giorno in cui viene trasmessa, quindi mi piace fare il giornalista. Mai mi permetterei di dare una valutazione legata alla programmazione, in quanto sarebbe un fatto egoistico. Io faccio il mio lavoro, il resto lo lascio correttamente e doverosamente agli altri.
-Secondo te, come si possono avvicinare i giovani (e non) alla cultura?
Ricette, per mia convinzione, i giornalisti non ne danno. D’altro canto un giornalista è in grado di fornire un osservatorio riguardo la lettura della realtà. Direi che una delle molle su cui bisognerebbe insistere è ragionare sulle conseguenze che porta il non leggere libri, come ad esempio l’omologazione del pensiero. Chiunque avesse a cuore questo problema, dovrebbe puntare, tra le altre cose, su questo tipo di leva. Il pensiero unico è un pericolo per il benessere della persona e per la società. Riuscire a collegare con la maniera giusta la lettura dei libri, o in generale l’apprendimento della conoscenza, con lo sviluppo di una propria personalità, sarebbe una base per favorire la lettura dei libri. La costrizione porta all’effetto contrario.
-Quali sono le difficoltà di un telecronista?
Il lavoro del telecronista prevede un esercizio fisico e psichico abbastanza importante. Assorbe una parte importante di energia. Penso che per il telecronista sia importante realizzare che la sua sfera cognitiva durante la partita è veramente limitata: se una persona è in grado di dare 10 e riesce a dare 2 penso sia già molto.
-Qual è stata la partita che ti ha entusiasmato maggiormente?
Me lo sono sentito chiedere tante volte. La risposta vera non esiste. Se un telecronista riuscisse a fare davvero bene il proprio lavoro, non si distinguerebbe una gara 7 con la gara più insignificante dalla posta in palio. Ovviamente è diverso emotivamente, così come è diversa la quantità delle persone coinvolte, tuttavia per il telecronista dovrebbe e deve essere sempre uguale. Con il tempo ho realizzato sempre di più quanto conta essere professionali.
-Che consiglio ti senti di dare ai giovani che vorrebbero diventare giornalisti?
Se un giovane vuole entrare realmente in questo mondo è necessario che faccia un’attenta analisi di cosa vuol dire essere giornalista. Dal momento in cui decide di prendere questa strada è necessario che accetti e rispetti gli impegni e le rinunce che questa professione prevede, talvolta anche momenti di solitudine. Si prende sia la parte bella che la parte brutta, oppure è meglio non farlo, perché non l’ha ordinato il dottore.
-Ti chiedo cosa ne pensi di questo commento che ho trovato sotto la tua pagina social: <<Un giorno tutti, ma proprio tutti, capiremo per davvero quanto Flavio Tranquillo abbia influenzato "il gioco" ed il nostro modo di vederlo, di ascoltarlo e di analizzarlo mentre ogni giorno tentiamo di comprenderlo. Per questo e probabilmente per molto altro ancora noi amanti della pallacanestro ti saremo per sempre debitori>>
Penso sia naturale che, vista la mia età, e considerando che la pallacanestro è un mondo abbastanza piccolo. Ho avuto la fortuna di essere parte di una trasmissione seguita da molti anni, quindi è normale che ci sia un influsso. La pallacanestro è un mondo sufficientemente piccolo per risaltare i legami. Questo è uno dei tanti motivi per cui le persone che seguono questo sport tengono a stare attente a tutto quello che succede, compresa la persona che sta parlando alla televisione. Se ho stimolato delle riflessioni su determinati argomenti mi fa piacere, però non credo di avere verità assoluta in tasca.
Samuele Nava © 2024