STEFANO MELOCCARO


-Ciao Stefano. Come sono stati i tuoi approcci al mondo del giornalismo sportivo?

Sono sempre stato appassionato di sport: ho studiato Scienze Motorie, quindi il mio destino era quello di diventare insegnante di educazione fisica o maestro di tennis. I miei primi approcci con il giornalismo sono stati molti difficili. Ho cominciato iniziando a scrivere per qualche piccolo giornale, ma non riuscivo a capire quale fosse la strada migliore affinchè la mia passione potesse diventare una professione a tutti gli effetti, tant’è che a un certo punto mi ero sfiduciato. Dunque ho provato a collaborare con qualche televisione privata e ho lavorato presso villaggi turistici. Quando ormai la decisione di abbandonare la strada del giornalismo era presa, venni selezionato dalla redazione Canale Viaggi di Stream TV, il progenitore dell’attuale Sky, trattando una rubrica sportiva. Da lì poi è iniziato tutto.

 

-Qual è stata la sua maggior soddisfazione sotto il punto di vista professionale?      

Il solo fatto di trasformare la passione in un lavoro penso sia una soddisfazione non banale, che non bisogna mai dimenticare. Potersi guadagnare da vivere facendo una cosa che ti piace è un vero privilegio. Se devo scegliere un momento specifico, il primo che mi viene in mente è legato a Wimbledon. Per una persona che guardava il torneo in televisione da piccolo, il fatto di poter raccontare quel tipo di partite è sicuramente qualcosa che rimane indelebile.

 

-Ti sei misurato sia con la televisione che con la radio? Quali sono le differenze?

In comune c’è solo che bisogna raccontare quello che accade, coinvolgendo le persone e trasmettendo passione. Per il resto sono mezzi diversi, in due mondi diversi caratterizzati da linguaggi diversi. La radio è improvvisazione, presuppone quasi un lavoro artistico, la televisione invece prevede delle scalette predefinite.

 

-Nel 2016 hai scritto il libro “Studio Tennis”, ce ne parli?

E’ un libro inteso come compilation. Io scrivo per un mensile di Tennis che si chiama “Ok Tennis”, e questo libro unisce una serie di miei articoli con l’aggiunta di alcune idee.

Ora ne sto scrivendo un altro che penso di intitolare “Sopra le righe”. Oggi i tennisti sono tutti politically correct: tutti sembrano belli, bravi e corretti. In realtà, il tennis non è stato sempre così, anzi, ci sono stati momenti dove i giocatori si odiavano e non facevano nulla per evitare di dimostrarlo. Attualmente il tennis è divertente per i suoi contenuti tecnici, in quanto non si è mai giocato così bene come oggi, però negli anni ‘70 e ‘80 ci sono stati momenti in cui il gioco era un po’ più teatrale e spettacolare.

 

-Arriviamo da 20 anni di tennis strepitoso, con forse le più grandi rivalità della storia di questo sport: Federer, Nadal e Djokovic hanno presentato tre modelli di gioco differenti, dividendo tifosi e intenditori. Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una standardizzazione del gioco. Come si evolverà il tennis nei prossimi anni?

Io racconto il tennis di oggi e sono fortunato e felice di farlo, dato il tasso tecnico raggiunto. Impazzisco guardando Federer e prove altrettante emozioni con Nadal o Djokovic. Credo che oggi sia più facile apprezzare il tennis se lo si conosce bene fino in fondo. Negli anni passati invece il gioco era un po’ più per tutti, perché i giocatori erano personaggi molto diversi. C’era Borg che non parlava mai, quindi era quello enigmatico, c’era McEnroe che spaccava tutto a racchettate , Connors che litigava sempre etc.

 

-Situazione tennis in Italia?

In Italia abbiamo vissuto anni meravigliosi con le donne, che hanno vinto tutto il possibile. Adesso sembrerebbe aprirsi una nuova era per gli uomini: abbiamo Fognini che ha vinto il suo primo Master 1000, Berrettini ha giocato le Finals, Sinner è uno dei giovani più promettenti al mondo, numero uno della sua età, quindi avanti tutta. L’Italia è un paese che si fa molto condizionare dai suoi atleti: con Panatta molti italiani hanno iniziato a giocare a tennis, con Tomba hanno iniziato a sciare etc. Mi auguro dunque che questi personaggi possano coinvolgere ed avvicinare tante persone al tennis.

 

-Sport- Società – Politica: Quali sono gli aspetti in comune?

Lo sport è un’emanazione della società, anche se forse oggi un pochino meno. Oggi Lo sportivo è talmente isolato dal resto del mondo, in particolare ad alti livelli, che il distacco con la società è rilevante. Esempio: Cristiano Ronaldo è figlio della società in cui vive? Direi di no. Sicuramente sono dei benefattori, ma raramente si sentono sportivi interessati alla loro società a livello politico.

Qualche anno fa era un po’ diverso perché gli sportivi erano figli della loro società, arrivavano dal 1968, con la liberalizzazione dei costumi. Si veniva da un’ epoca che lo sport, in particolare il tennis, era diventato popolare, non solo rivolto ai ricchi. Ricordo sempre Panatta, che quando giocò la finale di Coppa Davis in Cile si mise la maglietta rossa per protestare contro la dittatura.

 

-Che consiglio daresti ha un’aspirante giornalista? Qual è il percorso più adatto?

Oggi non esiste un percorso chiaro e universale. L’unica cosa che posso dire è che la costante imprescindibile deve essere la passione. Non puoi pensare di fare il giornalista sportivo se non sei pazzo dello sport. Questo non vuol dire conoscere a memoria i risultati o le statistiche, ma essere estremamente curioso. Oggi francamente i mezzi di comunicazione sono in tale evoluzione che è difficile dare soluzioni.